I cinque di Corso Concordia. Un ricordo di Libero Traversa

Corso Concordia è un ampio viale del centro di Milano: all’angolo con viale Piave si trova il Convento dei Cappuccini, diventato famoso dal 1898 per la strage di manifestanti perpetrata dal generale Bava Beccaris. Di fronte si allineano alcuni edifici dalle facciate severe, chiuse in una loro composta dignità: in uno di questi aveva il proprio quartier generale – abitazione e ufficio – Luigi Pestalozza: partigiano, marxista, musicologo e giurista, era stato uno dei molti intellettuali che nel 1987 aveva risposto all’appello lanciato da Armando Cossutta per fondare una Associazione Culturale Marxista che arginasse la pericolosa deriva che si profilava nel Partito comunista italiano.

L’Associazione Culturale Marxista, cui aderirono immediatamente un centinaio fra i più prestigiosi intellettuali italiani e migliaia di soci, si proponeva, in base all’articolo 1 dello Statuto, di “promuovere lo studio della società contemporanea valorizzando il metodo di analisi marxista e contribuendo alla formazione della coscienza storica delle nuove generazioni”. A questo scopo, oltre alle altre iniziative, aveva ripreso la pubblicazione della rivista “Marxismo Oggi”, con Libero Traversa direttore responsabile e un ampio Comitato di redazione i cui componenti erano sparsi in tutta Italia e anche all’estero.

Della rivista finì per essere responsabile un gruppo ristretto di cinque persone, che continuò a riunirsi in Corso Concordia per più di vent’anni, per portare avanti la pubblicazione e le altre attività dell’Associazione; si trattava di una triade di intellettuali di grande rilievo, i professori Luigi Pestalozza, Guido Oldrini e Mario Vegetti, coadiuvati da Libero Traversa, al quale erano affidate la contabilità e tutte le incombenze pratiche ed organizzative relative alle attività svolte dall’Associazione: iniziative culturali, convegni internazionali, assemblee societarie. L’ultima figura era quella di Nunzia Augeri, incaricata della segreteria di redazione della rivista. Occasionalmente partecipavano altri componenti del Comitato di redazione o importanti collaboratori, fra cui ci piace ricordare Domenico Losurdo, quando qualche volta si trovava a Milano.

Le riunioni si svolgevano ogni due o tre mesi, in un clima non precisamente tranquillo. Non perché ci fossero disaccordi o rancori, ma perché Libero iniziava a parlare del momento politico con la grande foga e la voce tonante che lo distinguevano, e con l’acume, la conoscenza dei personaggi e la passione che poneva in ogni sua attività. Si scontrava immediatamente con l’intelligenza acuta e tagliente di Pestalozza, il quale metteva in campo le sue approfondite conoscenze giuridico-costituzionali per dare interpretazioni diverse dei fatti del momento. I due erano molto amici, quindi si scontravano in discussione accesissime, che pur non trascendendo mai oltre i limiti della buona educazione e in fondo dell’affetto reciproco, non erano per questo meno furenti.

Mario Vegetti, che nella discussione apportava, oltre alla grande intelligenza e alla profonda cultura, la sua tollerante umanità e una bonarietà di fondo, cercava di sedare i due infiammati duellanti, ma in genere con scarso risultato: la sua voce di basso appena si percepiva, come il basso continuo di un accompagnamento ai tenori che si imponevano sulla scena. Oldrini, uomo silenzioso e appartato, raramente interveniva ma all’occorrenza era ferreo nel difendere le sue posizioni. La disputa fra Libero e Luigi, veemente ma mai violenta, non si fermava per tutto il tempo che si dedicava all’elaborazione del prossimo numero.

Malgrado le accese discussioni ma anzi, a volte, traendone ispirazione, il numero della rivista assumeva un disegno preciso. D’altra parte era costante il lavoro di attenzione, riflessione e contatti da parte di tutti. La rivista, già impostata precedentemente mediante lettere e telefonate, veniva definitamente assemblata con ulteriori contatti con i diversi redattori e collaboratori: l’editoriale era normalmente compito di Vegetti, i rapporti internazionali erano tenuti da Oldrini, Libero si occupava dei mille dettagli pratici ed economici, e diventava a volte il preciso cronista di eventi rilevanti. E infine, costruiti a poco a poco con lavoro quotidiano e grandi discussioni, uscivano quei fascicoli di cui ancora oggi si possono apprezzare l’ampiezza degli interessi e la profondità della riflessione.

A quelle riunioni, dominate da Libero come Giove tonitruante, e segnate dalla tagliente acutezza di Pestalozza, dalla colta e intelligente umanità di Vegetti, dal silenzio operoso di Oldrini, guardiamo oggi con orgoglio e nostalgia: là si cercava di sviluppare la coscienza storico-politica italiana, là si svolgeva un lavoro culturale a livello internazionale di cui oggi – di fronte alla poderosa collezione di venticinque annate di Marxismo Oggi – possiamo misurare tutta la profondità e l’autorevolezza.

Sono mancati prima Luigi Pestalozza, poi a raffica, nel giro di un anno, Mario Vegetti, Domenico Losurdo e infine pochi giorni fa Libero Traversa. Il Novecento se ne va, “il mio secolo meraviglioso, grande ed eroico” come lo definiva Nazim Hikmet. Sono quelli gli uomini che lo hanno reso tale.

 Nunzia Augeri

 

maggio 2019